Una relazione d’aiuto sullo stesso piano
Il termine cliente è stato introdotto da Carl Rogers, psicologo statunitense, fondatore (con A. Maslow) della psicologia umanistica, considerata “la terza via” dopo psicoanalisi e comportamentismo. A lui si deve l’intuizione e l’approccio della terapia centrata sulla persona, da lui definita counseling (nei primi anni ’50). Particolarmente importante anche il suo impegno civile, culminato con la fondazione dell’Institute for Peace, per lo studio e la risoluzione dei conflitti.
Il termine potrebbe apparire freddo o che richiama rapporti commerciali; ma che definisce chiaramente e semplicemente una relazione d’aiuto sullo stesso piano. In questo senso la figura del counselor -altro punto cruciale per Rogers- accoglie e percepisce il suo cliente come persona che va bene così com’è. Ma come? Si potrebbe obiettare, se va bene così com’è perché va a chiedere aiuto? Eppure l’accettazione piena e incondizionata del cliente come persona, nella sua dignità e umanità innanzitutto, ma anche in tutta la sua storia personale, è quella condizione di base per costruire un clima di accoglienza “calorosa” e un’alleanza nella relazione d’aiuto. Questo comporta l’intravedere una buona fede di fondo in tutti gli atteggiamenti o azioni del cliente. In quanto ognuno di noi fa quello che al momento gli appare l’opzione più valida.
Paradossalmente, l’accettazione incondizionata di una persona è la condizione ideale per favorire in essa cambiamento ed evoluzione. In effetti, se mi sentissi minimamente oggetto di giudizio o diffidenza, da parte del counselor, non mi sentirei del tutto a mio agio, da affidarmi con fiducia al suo aiuto.
La persona che chiede aiuto
A mio parere, chi chiede aiuto non è sempre o necessariamente in uno stato di patimento, inquadrabile in una diagnosi; ma è anche portatore di emozioni, dubbi, idee o credenze, che potrebbe avere difficoltà ad integrare col suo ambiente familiare o di lavoro, o con i suoi stessi bisogni di affermazione, autorealizzazione, ecc..; e che trovano nella relazione “counsiliare” accoglienza, elaborazione, integrazione. Per cui sono le parti “sane” della persona ad avere maggiore rilievo nel counseling. E il counselor crea le condizioni per facilitare il contatto con esse, e con la loro essenza più profonda.